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COLORI
Sulla distesa scura del tavolo |
Malinconia, ... dialoghi con i morti più cari, sono i temi della poesia di Lorenza... il ritornare dolcemente ossessivo degli stessi motivi, il ritmo lentissimo... la coincidenza perfetta tra temi, timbro e ritmo; che è virtù rara, e propria della poesia vera (il modello ineguagliato rimane, come è ovvio, il Petrarca).
(prefazione a “ Mutatur” – 1990) |
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LUCIA
Mia nonna andava dietro le altre vecchie NONNA
Nascevano sulla tua bocca favole |
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LUCIA
I
II
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III Le mani lievi erano esauste – tutta inutile la forza delle mie in vista del confine – solo un palpito d’ali ferite sotto le carezze tra sonno e sonno o sul rosario. Docile si affidava alle tenebre. Negli occhi già larghi d’ombra appena uno stupore insondabile e come una parvenza di sorriso: era tutto troppo facile. |
... C’è una poesia (la III di quelle dedicate a Lucia) misteriosa e probabilmente la più bella. La donna anziana si spegne lentamente (docile / si affidava alle tenebre): “Negli occhi / già larghi d’ombra appena uno stupore / insondabile e come una parvenza / di sorriso: era tutto troppo facile.” / La “facilità” della morte è qui un sentimento cristiano reso lieve da una misteriosa dolcezza. (prefazione a “ Mutatur” – 1990) |
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Lorenza Meletti è nata in un paese fra il Panaro e il Po, si è laureata in Lettere Classiche a Bologna... ha collaborato a giornali e riviste e su alcune di queste ha pubblicato versi. Ha partecipato a concorsi di poesia e qualcuno lo ha perfino vinto... |
Lorenza si presenta così nel risvolto di copertina del suo “Paesaggio con figure”, senza troppe notizie su di sé, giusto l’essenziale con un pizzico di ironia. A chi volesse saperne appena un po’ di più diremo che è nata a Bondeno, nella provincia di Ferrara, durante il secondo conflitto mondiale. Pur trasferendosi altrove per motivi legati al suo lavoro di insegnante non si è mai staccata definitivamente dal paese natale, né fisicamente, né sentimentalmente. |
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IL PAESAGGIO
III |
Scrive di lei Vittorio Sgarbi: «La gente del Po sa convivere con la morte. Non penso tanto agli avvenimenti recenti, ma penso al senso di una intera civiltà che dura da millenni. Il fiume è vita, ricchezza, memoria, ma anche tragedia improvvisa, dolore e morte. Non c’è conflitto, non c’è contraddizione tra queste due nature apparentemente antitetiche. Il fiume è il tempo che ci precede: ci vede nascere e accompagna la nostra esistenza, continua imperterrito a scorrere dopo la nostra morte. Il fiume è il ricordo di ciò che ci ha preceduto, della nostra infanzia, della nostra fantasia e dei nostri incubi. Il fiume è un luogo della mente nel quale convive una magica comunità di vivi e di morti, non statica e spettrale, ma attiva e fedele custode delle proprie tradizioni e delle piccole abitudini. “Quando si nasce in riva a un fiume l’acqua / ovunque andiamo dentro ci seconda, ...”. È questo il mondo, l’universo intimo racchiuso nei confini di una stanza della poetessa ferrarese Lorenza Meletti, autrice di una struggente raccolta di liriche intitolata significativamente “Paesaggio con figure”.» |
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I |
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II |
Con gli ultimi versi di questa poesia lo scrittore Roberto Pazzi apre e chiude la prefazione a “Paesaggio con figure“.
“Alte torri, lunghi fiumi” scrive Garçia Lorca. |
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FIGURE
VECCHI passate sulle panche del giardino pubblico come ospiti a disagio o in piedi sul cancello dell'ospizio come chi aspetta un treno alla stazione. Nei giorni di mercato si trascinano in scarpe larghe un banco dopo l'altro fra cose che non guardano nemmeno Già di settembre infreddoliti mettono le sciarpe e i guanti fatti in casa e vanno a sedersi in disparte all'osteria per smarrirsi in un loro smemorato fantasticare col bicchiere pieno Forse la bocca ha intento di parole ma è solo un nero squarcio sulla pena del logoro respiro. |
La casa dove abitava Lorenza era al centro della piazza principale del paese e dalle finestre si poteva vedere tutto lo scorrere della vita del luogo, si potevano osservare le persone, il loro affaccendarsi quotidiano, il loro essere. Come a teatro. Ed ecco che la piazza si trasforma in un grande palcoscenico e quelle persone cominciano a prendere la consistenza di personaggi quali diverranno più avanti anche nel suo romanzo che è appunto narrazione di persone più che di fatti. In alcune poesie si trovano ritratti particolarissimi sempre rivolti non a protagonisti, anzi diremmo oggi ad antieroi, nei quali però ella riesce a cogliere una umanità non comune, intrisa di sofferenza silenziosa, accettata, che non reclama riscatto "Vecchi" osservati con vera com-passione in quel loro lento trascinarsi nella vita che resta. | |
LA PAZZA seduta su una panca del giardino pubblico e veste o culla una sua bambola. Attorno al collo vizzo porta un giro di corallini falsi, appena un poco più rossi dei pomelli pitturati sugli zigomi, ha i capelli tinti soltanto a mezzo, "perché dietro - dice - non io mi vedo vecchia". Verso sera beve al bar un caffè con garbo e sempre ne domanda due tazze sottovoce "perché anche oggi - dice - ho compagnia". Segue dall'angolo i giochi di carte con borbottio basso e remoto, quasi maga clemente, e quando vede fuori farsi più buio, adagio s'incammina forse all'ora più sua, lungo le strade più quiete, in cerca d'oggetti perduti piccoli e senza valore, frammenti di vita da riempirne il suo silenzio ... A lungo spia dalle finestre i visi delle famiglie a cena, poi ritorna (e non s'è mai saputo verso dove) con la bambola sempre sotto il braccio carezzando le porte una per una. |
"La pazza" quasi un corto cinematografico. Una donna di mezza età, si aggirava, senza una meta conosciuta, per le vie del paese, parlando da sola, uscita dal nulla, per sparire nel nulla. Si chiamava Luisella, ma il suo nome veniva pronunciato in dialetto con una elle sola, perdendo immediatamente quel tanto di grazioso che il vezzeggiativo possedeva per trasformarsi in appellativo plebeo, mentre il tono discendente finale dava ancor più l'idea della bassa considerazione in cui la donna era tenuta. No, non così è per Lorenza. | |
IL BARBONE (anche il diverso viene dal Signore) la fiamma rischiarava le pareti le pentole di rame e le sue storie. Ignota anche a me stessa non capivo i chiari e crudi segni come di ferite nella fronte e sulle mani che riscaldava strette a una scodella... |
Anche il "Barbone" è persona reale che tutti possono riconoscere percorrendo a ritroso il tempo. Sembra che fosse stato ferito gravemente durante la guerra e che ne riportasse i segni non solo esteriori. "delicatissimi motivi popolari si uniscono ai ritratti di persone ... nell'esprimere in versi densi come la vita la delicata trama, soprattutto degli umili, perché sopravvivesse." "Ricordo di Lorenza Meletti" da "RINASCITA SUD" - N° 4 - Ago-Sett 1996 |
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A lato è riportata l'immagine del romanzo scritto da Lorenza e pubblicato postumo dalla Book Editore nel Gennaio del 1996.
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In copertina: "Momenti sul grande fiume" Fotografia di Fabrizio Resca |
A POMPOSA
I
All' aurora del mondo
subito dopo le prime parole
del Signore - Fiat lux - come un leggero
gioco di foglie che cadono, il dono
dei suoni venne a noi sopra la terra
[...]
II
... E dopo l'ouverture si levò fiamma
delicata, d'argento. E dilatarono
gli occhi le stelle. Il cielo, meraviglia
tersa, parve un altissimo pensiero
fermo sopra di noi. La voce incolume
avvolgeva la terra e la stupiva
adagiandola in riva al suo destino.
Il tempo andava verso la sua foce
lasciando in gola ad ogni filo d'erba
un nodo: Il cuore trasaliva forte,
colmo del pianto chiaro di rugiada
metteva luce tra utopìa e memoria
Questi gli ultimi versi scritti e mai pubblicati, ma il libretto, sul quale sono stati rinvenuti era alle prime pagine
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